VENGO, AMORE
(Ph: fonte internet) |
VENGO, AMORE
Ode alla legge che non ti imprigiona
Ode alla rabbia che non ti terrà costretta
Ed ogni cellula che dentro me grida vendetta
Ti accoglie dalla torre in cui rinchiudi questo corpo
Nell’acerbo inseguirci tra fango e trasparenze
La maturità ci accolse ad un tramonto mancato
Dove raccogliemmo insieme desideri ed orizzonti
Dietro quale cespuglio eri nascosta?
Quale il gioco condiviso?
Quale il pegno mancato?
E nell’uomo che scegli ora il contrappeso?
Che sarebbero fioriti i ciliegi in novembre piuttosto
Senza nemmeno lambiccare una primavera improvvisata
Per uno sconosciuto che ridesta la donna dormiente
Qualcuno conosciuto tu chiedi occupi l’angolo buio
Poi la torre più in là
Poi dimenticherai le chiavi
Poi di quel nome manco un sibilo vorrai
Perché l’altro chiederà spazio per sé
L’altro che ti tiene i fianchi di nascosto
L’altro che ruba i baci alle tue labbra pendule
Che accoglie le tue salive nelle sue
Le stesse che parvero esser nate per la mia bocca soltanto
Fecero l’autostop in un qualsiasi mattino impiegatizio
A cavallo di un complimento facile da chiedere
La tua guancia si accompagnò nel rossore da me amato
Che però in bocca non portava il nome mio
Mentre in gola deglutivi un’emozione furtiva
Le paure iniziali lasciarono lo spazio al tuo piacere
Come forse anche le stelle con la loro luce
Sanno come farsi largo poi nel buio
Ed io quanto appaio piccolo ai tuoi occhi
E quanto piccoli i miei occhi stanchi
Quanto fragili le mie braccia che ti strinsero
Quanto inutili quelle rincorse amorose
Quanto quel vortice ora inghiotti ad occhi chiusi
Mentre cavalchi ancora il mio cazzo e già pensi ad un altro
E mordi le labbra per tacerlo quel piacere tutto tuo
Stai per godere e spalanchi gli occhi nell’attesa certa
Stai per godere e per un attimo i corpi sotto confonderai
un sole tramonta senza chiedere il permesso
il sole lui d’altronde se ne fotte,
illumina la tua pelle fradicia di piacere
nell’ultimo giorno che ci vide insieme
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