TI SQUILLO QUANDO MUORE
(Ph: fonte internet) |
TI
SQUILLO, QUANDO MUORE
(morte
di un marito qualunque)
Ho
sbagliato calze e zucchero nel caffè
Me
ne accorgo dal dito riverso a fondo scarpa
Me
ne accorgo ruotando l’alluce impedito
Che
la giornata amara riversa nella bevanda
Ad
unirsi sulla punta del metallo rotante
Che
le mie dita tengon ferme nell’ombra
Cucchiaini
e grilletti sono uniti da fermezze
Immobili
entrambi, supplicano sempre padroni certi
Perfetti
nella sagoma, come nella scia resa di sbieco
Polpastrelli
tiranni di breve movimento intatto
Rassicuranti
e disarcionanti insieme stanno
Infilano
in gola due sapori appresso differenti
Dove
opposte tostature s’incontrano nell’aria
Farneticando
dialetti d’altrove e d’altronde
È
un normalissimo giorno feriale, che pretesa;
liquido
nero strappa il tagliando alla mia sveglia,
polvere
da sparo sul polsino della mia camicia,
dopo
un singolo, diplomatico, signorile colpo
parlerà
di come ti dono una conferenza con Dio
ed
halleluja in ogni mattino ritrovato ritrovandomi
venendoti
a trovare e godendoti negli ultimi raggiri
nell’intoppo
del credere dolce alla mano che strappa
e
sapere cosa il tuo occhio riverso si chiede stendendo
e
buttarmi nella prossima sacrestia lesta a redimermi
che
la brevità dei preti mi conquista ancora e qui
che
non temo di spiegargli le ragioni del mestiere
è
che non riesco a dormire quando sbaglio il colpo
se
tu non cadi, e sembri non capire che sei tu
e
devo darti il secondo, il terzo, più rassicuranti
e
rovinarti il faccino da country-club di provincia
e
lacerarti e bruciacchiarti in più punti in sequenza
colpirti
i centri vitali con la garbataggine d’un proiettile
che
nessuna chirurgia possa mai ripararti appieno
senza
sfiorarti i denti che serviranno ai tuoi parenti
a
farli entrare sicuri nelle loro squallide assicurazioni
dove
riscuotono il reale valore che aveva starti vicino
tradotto
in carta filigranata usata per cene e cornici
che
quasi restituisce al mio mestiere obliqua nobiltà
se
non sai spiegare alla tua ombra perché non ti fermi
se
non gli spieghi perché cambi casa così spesso
educandola
a scrivere ordinatamente sull’acqua
così
che almeno non rimanga traccia alcuna
come
tutti coloro che eviti ed a cui non credi
speri
questo la tenga lontano quanto basta da te
speri
questo la faccia abbastanza diversa da te
smettendo
gli abiti che ti fanno ingranaggio
fintanto
esiste un’acqua che ti lava nel profondo
ed
una pazienza impiegatizia che accompagna i gesti
che
mi fanno aspettarti in silenzio che tu arrivi
e
colpirti preciso in mezzo agli occhi stupiti
dall’intromissione
rapida del metallo caldo
che
farà di te un malinconico orologio rotto
e
t’accascerà al suolo pallido e dinoccolato
con
l’altera postura che ti distingue da tutti
e
mi fa desiderare essere al tuo posto anche ora
e
mi fa odiare la mia andatura grigia e rozza
che
si fa perfetta solo con la canna tesa e ferma
ma
anche con lei pronta a ricevere la spinta
non
mi distanzia a sufficienza dal puzzo dell’iniquità
così
succede io faccia viaggi fuori dalla merda che sono,
è
solo che ho un bisogno tacito di uscire da qui,
così
esco in silenzio da questa finta faccia cattiva,
guardo
le mie mani arrossate dal metallo imbrunito,
parlo
con la mia codardia tenuta bassa a forza,
e
mi chiedo come ho fatto a ridurmi così…
ripongo
l’arma osservando i punti in cui s’usura
ripensando
ai suoni emessi, centellino le differenze
temendo
le volte in cui la sentirò diversa dal solito
e
mi sentirò tradito io alle spalle e stavolta
come
un superficialotto amante qualunque
ripasso
gli appunti che fanno di me uno affidabile
seguo
alla lettera istruzioni e menzogne che verranno
e
ricordo che a tua moglie ho detto:
…ti
squillo, quando muore.
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