CECITÀ VERTICALE


Foto da performance CECITÀ VERTICALE
(Galatina, palazzo Di Lorenzo - Ph Michele De Filippo)



“Ho scritto una tragedia il cui eroe soccombente è l’umanità;
il cui conflitto tragico, essendo quello tra mondo e natura, finisce con la morte. Ahimè, poiché non ha altro eroe che l’umanità, questo dramma non ha nemmeno altro ascoltatore!”
(Karl Kraus)





CONCEPT
Quelli che viviamo sono gli ultimi giorni dell’uomo così come lo conosciamo?
E tutta la nostra ostinazione, tutte le nostre preghiere per una salvezza guadagnata nella stagione degli sconti, nella sommatoria del dilapidato, nell’incoscienza di un esistere annichilito e demotivato, ci restituiscono dunque a questa meritevole via di fuga?
Davvero questa umanità merita di essere salvata così com’è?
Oppure sarebbe maggiormente saggio abbandonarsi ad una presa di coscienza che preveda la sacra estinzione come espiazione minima del danno arrecato sino ad oggi?
Sono dunque le religioni tutte una sveglia ancestrale oppure l’ennesima fittizia carota messaci avanti al carro trainato pure malamente?
Voglio sopravvivermi disconoscendomi o accoltellarmi proprio poiché mi riconosco?

Foto da performance CECITÀ VERTICALE
(Galatina, palazzo Di Lorenzo - Ph Michele De Filippo)


Nell’atto da noi portato vi è chiara evidenza tra un mondo di sotto ed un mondo di sopra, ognuno con i propri codici, ove ognuno teme l’altro per espressa latitudine, oltre che consolidata abitudine.
Sotto: fondamenta, inizio, caverna primigenia, ma anche abisso, senso del claustro, possibile cella.
Sopra: ampi spazi, ma leggi costringenti, convenzioni visibili e possibilità di controllo.
Chi è libero? Chi soggiogato?
Chi sopravvive? Chi sta per cedere?
Chi è in grado di “salvare” e chi vuol essere “salvato”?
Ma non è bizzarro che l’acqua scorra sotto? E perché quella calma nell’essere “imprigionato”?
Gioco e riflessione, pensiero che come acqua scorre verso l'essenziale.
Il corpo sperimenta desiderio di purezza, di non contaminazione.
Per un corpo che cede, un altro pare rallegrarsi delle sottrazioni quasi naturali.
E' la metafora del "cercare dentro" un'altra verità. Una introspezione che illumini, e le zone d'ombra, pur nel "claustro" non genera fobìa, ma forse nuovo pensiero.
Sotto, nel profondo, ciò che non si vede e non si vuol vedere, si rivela.
"Dentro" è la chiave di ricerca per non soccombere alla cancellazione, per sottrarsi alla possibile verticale cecità.

Foto da performance CECITÀ VERTICALE
(Galatina, palazzo Di Lorenzo - Ph Michele De Filippo)

Quale catarsi è dunque possibile?
Io sono dentro, la luce che filtra mi rimanda le ombre.
Sono nella caverna primigenia, sono esistenza che torna all'origine con la semplicità del gioco.
Sopra la mano che vorrebbe interrompere il gioco, che coglie insidia di pericolo immaginario, che vuole "riportare alla luce" e rimettere nel flusso della normalità, della realtà esterna, di superficie, ciò che invece non può essere riportato all'ordine di sopra.
Un invito a salire e la necessità di restare lì.
Ma era davvero un tentativo di salvezza ? o piuttosto un desiderio di controllo?
Voler estrarre ciò che per natura è interno, rendere orizzontale ciò che è verticale, e viceversa.
E se invece fosse altro? Se l'isolamento portasse solo alla rinuncia? Alla fuga dalla realtà, ad una resa infausta?
E se la mano dall'alto fosse l'ultima chance prima della fine, prima che l'ossigeno finisca? Se la mano tesa fosse una corda di risalita per incontrare ancora l'Uomo e ricomporre l'unità scissa?
Un ricomporre la frattura, un invito all'agire nell'urgenza di una nuova Visione?
È deprimente pensare che gli umani, nel nostro stato attuale, possano essere il punto massimo della consapevolezza. Forse la coscienza e la conoscenza della nostra inevitabile fine ci hanno dato una specie di ebbrezza della sopravvivenza che ora non riusciamo a superare. Mentre il cerchio dello sfruttamento ambientale si chiude rapidamente e silenziosamente sopra di noi, potremmo volare giù dal burrone, ebbri di combustibili fossili, facendo smorfie a uno specchio che riflette gli aspetti peggiori della società.
Eppure sino alla fine ardentemente mostreremmo desiderio insano di sopravvivenza.

Foto da performance CECITÀ VERTICALE
(Galatina, palazzo Di Lorenzo - Ph Michele De Filippo)

E se a questo punto fosse legittimo autosospenderci?
La nostra incredibile cecità davvero non ci permette di osservare la scia nera che dietro ognuno di noi rilascia?
Noi che appariamo così stupidamente increduli soltanto dinanzi alla morte di un persona cara, ci chiediamo mai quanto stiamo uccidendo il luogo natio in nome di un progresso malsano ad una velocità insostenibile?
L’uomo abitante del mondo superiore, in un ultimo gesto, prova a salvare la donna, la prigioniera, (agli occhi di lui) lei osserva l’atto e coglie nel gesto di salvamento un utilizzo insperato e fruttuoso…
Ritrarsi o prestarsi?
Un invito a guardare da un'altra prospettiva, un oltreverso probabile.
Sotto, le acque pur incanalate dall'uomo, scorrono ignare…
(Massimiliano Manieri e Mina 'Elia)

Foto da performance CECITÀ VERTICALE
(Galatina, palazzo Di Lorenzo - Ph Michele De Filippo)


“La Terra desolata, senza uomini, soltanto l'amore dell'uomo per se stesso la immagina in preda alla desolazione. In realtà, la Terra è desolata di non essere desolata. Purtroppo, di una Terra realmente desolata, non conosceremo mai la profonda allegria.”
(Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo, 1979)






COLLABORAZIONI:
Performance realizzata in collaborazione con Mina D'Elia
Paesaggi sonori a cura di Meanwhile.In.Texas


ASSISTENTI DI SCENA:
Simona Schirinzi
Anna Lopalco


LUOGHI ESPOSITIVI:
Atto performativo realizzato nell'ambito di:
-SPACESCAPE (part.II)
 a cura di Cristiano Cervino
 Palazzo Di Lorenzo, Galatina (Le), 16/05/15

-NOTTE DELLA CULTURA DI GALATINA:
 CECITA’ VERTICALE (installazione)
 a cura di Gigi Rigliaco
 Palazzo Di Lorenzo, Galatina (Le) 29/08/15

video/art tratto dalla performance
CECITÀ VERTICALE
Luogo: Galatina, palazzo Di Lorenzo
(fonte: Youtube)

LOCANDINA PERFORMANCE:
Ph Michele De Filippo - Grafica: Anna Paola Fiore


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